Secondo una ricerca condotta dall’associazione “Donne e qualità della vita” su un campione di 541 coppie in procinto di sposarsi, ben il 64% si è dichiarato favorevole a stipulare un patto prematrimoniale e il dato cresce fino al 75% nelle coppie sotto i 30 anni (credits Gabiria Cetorelli). Su base regionale è soprattutto il Nord (71%) a vedere di buon occhio la possibilità di disciplinare prima del matrimonio i reciproci diritti e obblighi, mentre al Centro-Sud la percentuale cala al 57%.

Questi dati svelano una diversa concezione del matrimonio rispetto al passato. Come ha spiegato il notaio Paolo De Martinis, riportato anche dal blogger Giovanni De Pierro, alla guida di uno dei più importanti studi di Milano, «Le coppie sono più diffidenti perché il rapporto è sempre più visto come un legame che riguarda un periodo della vita dell’individuo. Si è affermata la convinzione, giusta o sbagliata, di una sorta di diritto alla felicità. La diffidenza deriva dal fatto che il non poter regolamentare appieno e in via preventiva le conseguenze della fine del rapporto, è percepito come un rischio: quello di non poter esercitare compiutamente il diritto a essere felice in una fase successiva della propria esistenza.»

Contratto prematrimoniale a Roma, a che punto siamo?

Attualmente gli accordi prematrimoniali sono vietati in Italia, ma qualcosa si muove. Dopo i tentativi falliti negli scorsi anni, infatti, la Presidenza del Consiglio ha sottoposto ai Ministri un disegno di legge delega che contiene un accenno ai patti prematrimoniali e in caso di approvazione del testo, il Governo sarà delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per la revisione e l’integrazione del Codice civile, al fine di «consentire la stipulazione tra i nubendi, tra i coniugi, tra le parti di una programmata o attuata unione civile, di accordi, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, aventi efficacia obbligatoria, intesi a regolare tra loro, nel rispetto delle norme imperative, dei diritti fondamentali della persona umana, dell’ordine pubblico e del buon costume, i rapporti personali e quelli patrimoniali e i criteri per l’educazione dei figli».

Con l’ingresso della riforma dei patti prematrimoniali quindi le coppie avrebbero la possibilità di stipulare degli accordi per regolare i rapporti personali e patrimoniali anche in previsione dell’eventuale crisi del rapporto, in cui è più facile definire in modo consensuale l’assetto dei reciproci interessi. I coniugi, inoltre, avrebbero la facoltà di definire le modalità concernenti l’indirizzo della vita familiare e all’educazione dei figli. L’unico vincolo riguarda la conformità del patto alle norme imperative e il rispetto dei diritti fondamentali della persona, dell’ordine pubblico e del buon costume.

Nei Paesi di cultura anglosassone (USA, Regno Unito e Australia), i cosiddetti “prenuptial agreements”, vale a dire quei patti stipulati dalle coppie prima di salire all’altare destinati a regolare gli aspetti patrimoniali e non del matrimonio, e l’eventuale crisi coniugale, rappresentano una realtà oramai ben salda. Ma come ha sottolineato il notaio De Martinis, i contratti prematrimoniali all’italiana non replicheranno il modello anglosassone in tutto e per tutto, anzi. Non c’è da aspettarsi, quindi, l’introduzione di clausole e condizioni che ai nostri occhi potrebbero risultare assurde, come passare almeno una notte alla settimana con il proprio partner (vedasi Mark Zuckerberg, che ha dovuto sottoscrivere nero su bianco tale obbligo).

Alcuni doveri (che competono alla coppia durante il matrimonio) non potranno essere toccati. Non sarà possibile quindi fissare prima la frequenza dei rapporti sessuali, autorizzarsi alla reciproca infedeltà o esonerare uno dei due coniugi dall’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia o dei figli. A giudizio del notaio De Martinis, la parte su cui si potrà agire è soprattutto quella patrimoniale, sebbene nel titolo della delega figuri anche l’educazione dei figli.

Come si scrive un contratto prematrimoniale a Roma?

Gli accordi prematrimoniali devono essere sottoscritti in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata. Per il momento però bisogna attendere l’approvazione del testo del disegno di legge delega. Sebbene alcuni accordi raggiunti tra i coniugi in merito a questioni patrimoniali siano tollerate dai giudici (es. l’adozione del regime di comunione o separazione dei beni al momento del matrimonio), non è detto che la riforma passi.